Morfemi dinamici, Prospettive, Roma 2011
Dynamic Morphemes, Prospettive, Rome 2011

Autore / Author: Ruggero Lenci



 

Insieme alla scrittura in senso lato, al disegno e all’architettura, la scultura contribuisce a indagare le qualità dello spazio e del tempo. Uno spazio che nella serie Morfemi Dinamici è ad assetto variabile, connesso a un tempo bidirezionale: verso il futuro, con un ritorno al passato, transitando per l’adesso. Spazio e tempo generano forma e matrice, un fenomeno e il suo opposto, innescando quel vitale conflitto possibile solo nella condizione presente. Morfemi Dinamici derivano da un’esigenza incontenibile di dare tridimensionalità a figurazioni intimamente connesse con l’idea di spazio-tempo, a lungo confinate nella soffusa bidimensionalità e, dagli anni ‘80, imprigionate nell’immaterialità del virtuale. E da questa condizione non rinunciano ad assumere spessore granulare (teoria dei granuli), a inverarsi nell’essere. Stanchi di una progettazione tautologica che tende ad alimentarsi della sua stessa rappresentazione, intercettano e sfatano possibili minacce di cortocircuito, lievitando nella nuova dimensione “XYZ+T”: disegni divenuti materici, realtà che più non temono il rapporto con la gravità e il tempo. A saperli vedere, essi vanno letti come disegni quadridimensionali astratti, concentrati di architettura teorica ancora privi di concrete connotazioni costruttive. Anticipando l’architettura, questi granuli desiderano costituire gli anelli di una catena dinamica che ne descrive il DNA: un certo numero di nucleotidi liberamente articolabili in grado di generare, per derivazione e trascrizione, le cellule staminali per un nuovo progetto contemporaneo.

Recentemente, immerso nell’architettura – ma insegnando in una facoltà di Ingegneria che non comprime anzi, paradossalmente, esalta un amletico furor artisticus (parafrasando Franco Purini) – ho voluto indagare la materia in senso scultoreo, dapprima plasmandola, poi tagliandola, vivisezionandola come farebbe un chirurgo con il bisturi sul tavolo operatorio. Da sempre affascinato da quei disegni dei libri di anatomia e dai modelli che mostrano la sezione tridimensionale di un meccanismo complesso – un motore, una turbina, ecc., quindi sia organici che inorganici – ho voluto tentare di restituire una parte di quella complessità con realizzazioni che non fossero solo pura forma statica, ma insiemi disarticolabili, in grado di restituire all’astante impulsi di vitalità dinamica.
L’idea di sezionare è quindi ciò che ispira e caratterizza questa ricerca scultorea. Il taglio della materia produce multiple tipologie di incastri, di incontri, di collegamenti, di unioni tra diverse parti, alcune morfologicamente e strutturalmente più interessanti di altre. In aggiunta, a distanza di oltre duemila anni da Anassagora, Leucippo, Democrito, essa intende ravvivare l’interesse su alcuni temi che vedono come protagonista un’entità che ne esprime molte altre.
Vorrei azzardare un termine per questa ricerca di incastri: teoria dei granuli. Essa si basa sull’idea che tutte le entità, siano esse animate o inanimate, sono composte da parti morfologicamente definite, dipendenti per forma, funzione e complessità, dalla scala di osservazione. Le omeomerie di Anassagora, il quale aveva intuito 2500 anni prima di Mandelbrot la natura frattale e topologica dell’universo. A ogni scala di osservazione si può estrapolare la granulometria dell’oggetto osservato, dagli atomi alle galassie.
I granuli sono tenuti insieme tra loro in vari modi, dall’elettromagnetismo al legame fisicochimico, all’incastro geometrico. Alle scale maggiori e minori (atomi e galassie) vigono rispettivamente i fenomeni di elettromagnetismo e di gravitazione, a quelle intermedie i legami di prossimità granulare, fisico/chimici e l’incastro geometrico. Alle scale intermedie, quindi, essi assumono forme geometriche nello spazio e strutture chimiche che ne consentono il legame, di cui queste sculture a incastro intendono rappresentare esempi e simboli. Una volta assemblati è molto difficile, ma non impossibile, disassemblare i granuli nel mondo reale. Farlo in modo non distruttivo significa ripercorrere in senso inverso la strada che ne ha consentito l’unione.
Due entità che si appartengono costituiscono una coppia di granuli. Ma anche tutte le cose e lo spazio, il vuoto, sono granuli uniti. Lo spazio è il granulo maggiore, multiscalare, sempre disponibile per tutti i granuli esistenti che con esso costituiscono sempre e comunque coppia e, per suo tramite, tutti i granuli sono in relazione tra loro. Basti osservare un albero. Esso è avvolto dall’aria, dallo spazio con il quale è incastrato perfettamente, nella sua sede naturale. E’ quindi lo spazio, il vuoto, la matrice originaria di tutti i granuli, con i quali questa entità immanente intesse un dialogo continuo e assolutamente duttile. Lo spazio acconsente sempre. Lo spazio è generoso e implacabile, disponibile e altero. Queste sculture nel dialogare tra loro dialogano con lo spazio. Il loro assetto variabile rende duttile la materia solida, evidenziandone e disarticolandone alcuni possibili granuli: rende la materia degna d’interesse per lo Spazio.
Il sogno di Einstein, quello di pervenire a una teoria dei campi unificati, trova qui una trasposizione concettuale. L’arte concettuale, così come ridefinita da Joseph Kosuth negli anni ‘60 con la sua opera One and Three Chairs ci offre in simultanea la nominazione, la presentazione e la rappresentazione: la parola sedia, la sedia reale, la sedia rappresentata. Un legame indissolubile tra le forme granulari del reale e dell’astrazione umana.
Qualcosa di simile può essere detta per la società, immaginabile come composta da granuli che danno luogo a matrimoni, famiglie, partiti politici, schieramenti, sindacati, eserciti, gruppi più o meno privilegiati, lobby, massoneria, mafia, ecc. Una volta formatisi dei legami tra granuli sociali, è impossibile penetrarli senza chiave d’accesso, articolarli, interagire con essi, potenziarli, scioglierli. La vita dell’essere umano ne è caratterizzata. Vi è un solo modo non distruttivo per disarticolare un granulo: capirne la logica aggregativa.
Altro sfaccettatura di questa ricerca è separare le parti dei solidi secondo una logica elevata, tale da non produrre le schegge incontrollate dell’entropia. Secondo una logica, di converso, in grado di produrre entalpia, ovvero legami basati su una chiara, comprensibile e condivisibile unioni tra le parti.

Genesi della forma
I modelli sono costituiti da volumi puri sezionati secondo linee di taglio intersecanti tra loro che producono pluralità di significati: architettonici, materici, naturalistici, cibernetici. Per loro tramite si intende investigare temi che vanno oltre la dimensione statica dell’opera, ora vista come realtà spaziale disarticolabile che da un’originaria condizione monolitica acconsente a generare plurime configurazioni morfologiche attraverso l’estrazione di sue parti. Questa dinamicità dà luogo alla variazione della dimensione topologica del volume iniziale, degli elementi che lo compongono, della somma delle superfici, della sua complessità, indagando il tema della densità spaziale della materia, nonché quello del passaggio da una condizione primigenia, di azzeramento segnico, alle singole ecceità pluri-significanti nelle quali ogni inizio si scompone e riconfigura. Vi è la volontà di interpretare in senso artistico le continue e ripetute condizioni di equilibrio di un sistema dinamico attivo nel processo di traduzione di un codice, che trova rappresentazione in alcune significative intersezioni spaziali tracciabili in un solido.
Poche significative sezioni operate su un monolito primordiale, così come poche sono le basi azotate del DNA, riescono a esprimere una vasta complessità e complementarietà di superfici e membrane a somiglianza dei legami molecolari che rendono possibili vasta parte delle trasformazioni biologiche.
In modo atipico rispetto alle modalità tradizionali, questo approccio orbita intorno alla scultura, all’architettura e all’ingegneria prefiggendosi l’obiettivo di fonderne insieme alcuni principi nella materia grezza. Alla scultura per quanto riguarda la modellazione, la scissione in parti, la violazione dello stato originario della materia; all’architettura per il tentativo di ampliare i confini teorici del progetto con l’estrazione dalla materia di configurazioni morfologiche primigenie, di famiglie di morfemi archetipi, di fenotipi articolabili nello spazio; all’ingegneria per l’utilizzo dell’informatica e di metodologie a controllo numerico per la realizzazione dell’opera con strumentazioni di alta precisione.
Inesplorate modalità di intendere il progetto aprono alla lettura delle invisibili tensioni e forze geometriche presenti nella struttura intima dei solidi, che si scindono in parti essenziali organizzando e articolando il tutto secondo sistemi di faglie derivanti da una mitosi topologica concettualmente guidata da famiglie di attrattori morfogenetici.
Tali modalità solo talvolta potranno trovare reale campo di applicazione, anche parziale, in un progetto di architettura eseguibile. Negli altri casi rimarranno confinate nell’ambito di apporti teorici alla disciplina, producendo una migliore conoscenza delle proprietà geometriche dei volumi nello spazio, più approfondita rispetto a quella raggiungibile mediante il solo disegno manuale o virtuale. Il riferimento non è alla maquette di un progetto architettonico, realtà troppo rispondente a esigenze funzionali, bensì a precedenti stadi di indagine, a ricerche concettuali su volumi ancora svincolati da specifici compiti prestazionali, nei quali sono ancora del tutto assenti esigenze a priori. Tali studi sono utili a concepire e comprendere le peculiari articolazioni delle possibili parti che compongono una massa solida, frammentata da invisibili superfici astratte selezionate e rese attive tra tutte quelle ipotizzabili. Si può immaginare che tali superfici di taglio possano agitarsi simultaneamente e in molteplici quantità in un qualsiasi campo spaziale. Così eteree, ma anche così reali quando vengono trascritte nella materia, pilotate da energie concettuali esse intendono scindere virtualmente i legami molecolari contenuti nel monolito. In tal modo queste superfici possono canalizzare l’intenzionalità creativa attivando reiterati processi di mitosi fino ad allora tenuti in letargo nella massa solida compatta. Metaforicamente si può anche pensare che tali superfici siano costantemente in grado di scindere e rigenerare legami molecolari.
Questi solidi, una volta scissi, custodiscono gelosamente l’impronta-matrice della parte mancante, ovvero quell’unicum complementare che può rioccuparne lo spazio descrivendo un’intenzionalità dinamica di sdoppiamento e crescita, di traduzione e trascrizione. Il monolito è lo spazio, ma anche il vuoto, il nulla, ed è al suo interno, in questo infinito e simbolico contenitore di forze, che possono aver luogo i ‘big bang’ creativi che indagano in senso frattale la densità spaziale della materia, restituendo all’arte e all’architettura, quasi per magnetismi ordinati da una regola universale di cui esso è simbolo, la continuità materica del tutto, nella quale gli spazi vuoti esistono come assenza di massa volumetrica. Vuoti e pieni diventano puro spazio in dialogo. Il pieno è presenza maschile, realtà storica immanente. Il vuoto è presenza di assenza, misura illusoria, etereo incanto femminile, perenne desiderio di libertà.
Anche in architettura questo concetto ha una propria legittimità. Pensiamo ad esempio a come un edificio viene percepito dall’esterno: un grande volume monolitico inserito in un contesto, quando invece a una più attenta osservazione si tratta di un insieme di materie assemblate, i materiali, e di spazi interni vuoti, i vani nei quali si svolgono plurime attività umane. E’ solo una pellicola a separare il dentro dal fuori, a determinare quella superficie di demarcazione tra lo spazio vuoto esterno e gli spazi vuoti dei vani porosi che si trovano al suo interno. Così inteso l’edificio è un sistema spugnoso, un organismo che ha esperito un processo di mitosi, avvolto da una membrana forata dalle finestre.
Superando la dimensione statica si ricerca una realtà spaziale disarticolabile secondo un libero comporre e scomporre la materia, senza che il singolo gesto ne riduca il significato e il grado di identificabilità. La sua condizione monolitica primigenia rappresenta l’azzeramento nel quale ogni esperienza progettuale dovrebbe naturalmente ritrarsi prima che se ne attivi una successiva. Ciò per garantire che ogni progetto possa ripartire da un grado zero per operare nuove indagini su questioni morfologiche, da una condizione nella quale il futuro della materia non è ancora segnato neanche dal pensiero teleonomico, da intenzioni topologicamente influenzate rispetto a quelle che ne descrivono la dimensione puramente iniziale. La materia, in questo stato quasi del tutto privo di semantica in cui si trova, è, come il foglio bianco, ancora totalmente libera di assorbire e catalizzare nuove idee e concetti. Essa, per così dire, acconsente alla propria modellazione da parte di entità esterne, contribuendo in tal modo allo sviluppo di una conoscenza che si attua esprimendo nuove identità, svelando ulteriori segreti.
Nello specifico, questo tipo di modellazione differisce da quei metodi basati sulla plasmazione morfologica di una materia duttile, essendo tesa a investigare le possibili intersezioni generabili in un corpo solido sottoposto a due o più sezionamenti spesso ortogonali tra loro. Il solido ha la forma di un prisma rettangolare a base quadrata. Le linee di sezionamento derivano da annotazioni e schizzi sviluppati per penetrare alcuni segreti geometrici appartenenti al mondo dei solidi.
Le singole peculiarità derivanti dalle multiple intersezioni intuite, immaginate, a volte inaspettate, richiedono successive e rigorose verifiche circa la loro complessità geometrica nello spazio euclideo onde poterne trasporre il modello virtuale nella materia. In questa fase la modellazione tridimensionale, ancora da investigare in dettaglio, viene sviluppata al computer per comprendere appieno e perfezionare la scomposizione in parti del monolito. Tali parti, generate dalle linee di sezione, vengono calibrate affinché, sia per morfologia, sia per resistenza meccanica, sia per numero, risultino congrue con l’idea di progetto in corso di definizione e perfezionamento, così da produrre il significato voluto.
La visione dinamica tridimensionale delle parti del modello solido virtuale, nonché la costruzione e decostruzione del tutto negli elementi significanti di cui esso si compone, completano la verifica semantica e strutturale del progetto che ne autorizza la trasposizione in materia. Questo è il vero momento realizzativo dell’opera nella sua fisicità.
Un significativo apporto teorico alla presente ricerca morfemica deriva dalla geometria dei frattali, dal concetto di auto-similarità, di densità spaziale, di insiemi connessi. La dimensione frattale, o topologica, descrive in che misura una massa, qui un monolito, riempie lo spazio in cui è contenuta, quantificandone le irregolarità morfologiche osservate a una data distanza. Quando il monolito è integro e completo di tutte le sue parti esso ha una dimensione topologica originaria, che varia dinamicamente al variare della sua densità morfologica. Va però tenuto presente che nell’atto di separazione di un corpo solido in due, in quattro, ecc., subentra un fattore moltiplicativo dovuto all’aumento delle parti, volgendo tutto al plurale. Dovremmo quindi parlare di dimensioni topologiche.
Pertanto la peculiarità di queste sculture consiste nella possibilità di rendere variabili tali dimensioni, qui intese come espressioni di oggetti frattali generati da una ricerca teorica che indaga alcune significative caratteristiche morfogenetiche con cui le masse solide, espandendosi e contraendosi, saturano e desaturano lo spazio.

Conclusioni temporanee
Dopo aver compreso anche attraverso l’arte che l’incastro geometrico nel mondo reale è fondamentale per la vita – si pensi agli incastri dei nucleotidi nella doppia elica del DNA, oppure degli anticodoni negli amminoacidi e, per finire, agli accoppiamenti che richiedono di porre in essere una sorta di duttile incastro – e che quindi il suo studio ha piena dignità, si renderà opportuno sviluppare ulteriormente questa e altre ricerche simili che costellano territori non marginali della cultura architettonica, artistica, umanistica, scientifica.